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Il paese ritrovato

Capitolo quarto

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Stava scendendo dagli scalini con la sua andatura dinoccolata; in realtà la strada era in piano, ma dava sempre l'impressione che stesse scendendo da una discesa, poiché i suoi movimenti sembravano facilitati rispetto agli abitanti del pianeta Terra. Aveva, come al solito, una camicia con colletto alla coreana, perché non voleva cadere nella tentazione di mettersi una cravatta, come pure indossava dei sandali a piedi nudi, non aveva mai capito se le calze dovevano essere coordinate con la camicia o cosa. Tale abbigliamento non era dovuto al caldo equatoriale di quei giorni, altrimenti non si sarebbero spiegati i pantaloni di fustagno, immancabili.

Fabrizio Pieri, il curioso individuo così abbigliato, incrociò, senza notarlo, Carlo in una delle vie anonime del quadrilatero romano, quando entrambi stavano muovendosi senza meta, con l'unico scopo di trovare la giusta tranquillità per potere pensare con profondità. Ciò che tutti e due cercavano era la situazione in cui può scattare la scintilla della serendipità: non sapevano, per motivi diversi, quale era il loro problema, ma desideravano ardentemente trovarne la soluzione. I due uomini si conoscevano, in un certo senso, ma non avevano modo di riconoscersi se si fossero incrociati per strada. Si erano conosciuti grazie a una stupida mailing list, quei posti dove qualcuno non ha nulla di meglio da fare che intasare le linee di internet inviando regolarmente delle sequenze di bit di utilità dubbia a persone che hanno tempo da perdere nel cercare di ricostruire un significato convenzionale, dopodiché non si erano mai incontrati. Strana coppia i due: tanto era di temperamento solare Carlo, così era lunare Fabrizio, tanto a volte Carlo sembrava un marziano, così Fabrizio era gioviale. O viceversa. Insomma, come si può definire il carattere di una persona con degli aggettivi non contrari? Una cosa li accumunava: non amavano le cineserie e badavano al sodo.

Carlo contava, quella sera, di collegarsi in rete e di scrivere al suo amico per raccontargli gli avvenimenti del giorno, un po' per riordinare le proprie idee, un po' perché sapeva che lo sconosciuto interlocutore poteva fargli venire qualche buona idea, con il suo modo non convenzionale di vedere i fatti del mondo. A volte succede, come nello shangai, che un movimento impercettibile, una idea apparentemente di poco conto, si possa amplificare tramite gli altri stecchetti, in un crollo imprevedibile, in una soluzione inattesa. Infine, era forse questa l'occasione migliore per mettere alla prova lo sconosciuto amico: uno scettico come Carlo non desiderava null'altro che mettere alla prova i fantomatici e non meglio definiti poteri paranormali di Fabrizio, che tanto gli erano stati magnificati da persone che riteneva non degne di fiducia.

Riepilogando la giornata: aveva saputo da Marcon dell'omicidio del vecchio; era stato quasi trascinato in collina a verificare, suo malgrado, il luogo del ritrovamento del cadavere; lì aveva scoperto insieme al commissario che i cadaveri nel frattempo erano aumentati, poiché era stato ritrovato il corpo di una ragazza lungo il greto del ruscello. La ragazza vestiva una strana tunica, una specie di greca di foggia medievale, e si era, o forse era stata, buttata dal dirupo che sovrastava il corso d'acqua. Infine, quando sperava di avere esaurito le novità del giorno, un poliziotto aveva rinvenuto nel pozzo dove era il vecchio, in una rientranza, una lettera manoscritta firmata da Rol, il noto spiritista torinese oramai defunto (per fortuna da un tempo sufficientemente lungo da non interferire con i due cadaveri sotto studio da parte di Marcon). Carlo aveva avuto il permesso di fare una copia del foglio e ora voleva riferirlo, con un riassunto dei fatti del giorno, a Fabrizio, anche se questa sua intenzione non era nota al commissario. Affrettò il passo fino a correre.

 

Capitolo quinto

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