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Esercizi di omicidio, capitolo nove

di chinalski

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Ancora tre chilometri e sono alla stazione di Pinet, dove potrò finalmente prendere il treno. Forse sono un vigliacco ad andarmene in questo modo, a piedi, come un contrabbandiere, con Giovanna che potrebbe essere in pericolo, ma non ho scelta. Due degli uomini di Vinorov sono morti, quindi forse per qualche ora non è in pericolo, nel frattempo devo escogitare qualcosa affinché la polizia o qualcuno protegga Giovanna, a costo di farla arrestare perché la tengano in prigione. Telefonerò a Tazio, lui inventerà qualcosa, me lo deve fare questo favore. Poi potrò andare più tranquillo a Torino e da lì tornare a Parigi, devo vedere Baptiste, assolutamente. Non mi fido di quell'uomo, ma dopo quello che ho raccontato a Vinorov non ho scelta, devo affidarmi alla protezione di Baptiste.

Chiederò a Lucille se mi potrà ospitare. È tanto che non la vedo, forse due anni, chissà cosa farà ora, chissà se è diventata una modella, come desiderava, se ha partecipato a Miss France, come diceva sempre. E chissà cosa farebbe ora, se fossimo rimasti insieme, come sarebbe potuta essere la mia vita con lei al mio fianco, magari non mi sarei mai immischiato in una storia come questa. E chi si immischia in faccende sporche, con una donna come quella al fianco!

Eccolo, il foglio della zia con l'indirizzo di Lucille a Parigi. Come c'è rimasta male la zia quando Lucille mi ha lasciato. Lei sperava di vedere il nipote sposato con una brava ragazza, bella, di Saint Golain. Peccato che Lucille non fosse quell'angelo del focolare, desiderosa di stare in casa ad attendere il ritorno del maritino dall'ufficio, come invece pensava la zia. E peccato che non pensasse ad altro che ad avere successo ed entrare nel mondo dello spettacolo. Chissà cosa fa adesso, se è sempre la stessa e si è accoppiata con un vecchio bavoso che le ha promesso una parte nella solita fiction televisiva, oppure se è cambiata, se ha trovato un lavoro, se è sposata. Andrò sotto casa sua, e da lì le telefonerò, all'ultimo momento, non voglio che ci pensi troppo se vedermi o no, la metterò di fronte alla scelta secca: vedermi, o rifiutarmi. Sì, da sotto casa le telefonerò, le chiederò se posso salire da lei, se non ci sono problemi o altre persone, e poi si vedrà, magari mi ospiterà per qualche giorno. Non conosco nessuno a Parigi, e non voglio vedere Baptiste senza che qualcuno che conosco sappia che cosa farò, non voglio morire solo e dimenticato come un cane.

Un'altra volta sul treno, gli ultimi giorni li sto trascorrendo a macinare chilometri: da Saint Golain a Parigi, poi a Le Havre, poi di nuovo a Saint Golain, e ora Parigi un'altra volta. Sarà una buona idea tornare a Parigi? Vinorov conosceva il mio volto, e mi ha riconosciuto a Saint Golain, ma la polizia in Francia non sa niente di me, come quella in Italia. Sì, è giusto che vada da Baptiste, che gli parli a faccia a faccia e che cerchi di capire che intenzioni ha, se posso continuare a lavorare per lui, se mi dà le garanzie necessarie e, specialmente, la protezione da Vinorov. Certo, non l'ho ucciso, anzi, chissà chi ho ucciso al la Defense , ma credo che non sia stato un errore mio, ma parte del piano. Già, comincio a pensare che Baptiste prima abbia organizzato l'omicidio e poi abbia fatto in modo che Vinorov non venisse ucciso, con la storia del sosia, poveraccio, probabilmente non c'entrava nulla. Chissà perché tutto ciò, forse per fargli capire che la vita di Vinorov, in realtà, è nelle mani di Baptiste, e che Baptiste è solo per convenienza che non lo ha ancora ucciso. Dovrò pensarci su durante il viaggio, devo chiarirmi le idee prima di incontrarlo.

Che differenza dal primo viaggio. Ero nervoso, anzi, nervosissimo sul tram. Non vedevo l'ora di andarmene, di fuggire dalla città dove avevo ucciso la prima volta, di lasciarmi indietro il male. Ora sono tranquillo, come se non avessi ucciso due persone quasi a mani nude. Erano due carogne, e l'ho fatto per difendermi, e per difendere Giovanna, in qualche modo, ma che c'entra? Anche Vinorov era una carogna, e quando l'ho ucciso, quando ho creduto di ucciderlo, era quasi per difendermi, per difendere la mia gente da quel criminale. Ma ora che ho ammazzato questi due bruti sono tranquillo, e nemmeno ho paura di essere scoperto, non sento il bosogno di nascondermi. Ci si abitua a queste cose, lo sapevo. Ci si abitua, e sono bastate tre uccisioni, non dieci, non venti. Meglio così, dove le avrei trovate venti persone da uccidere?

 

Capitolo 10.

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