Dizionario dei Chazari, di Milorad Pavić
Il libro di Pavić, del 1988, si presenta in forma di dizionario, o piuttosto di enciclopedia, con qualche variazione rispetto alla norma. È preceduto da una nota introduttiva, in cui si presenta il libro in mano al lettore, indicato come seconda edizione con aggiunte; successivamente ci sono tre libri, o piccoli dizionari, in cui sono riportate per ognuno in ordine alfabetico una quindicina di definizioni di parole che riguardano l’argomento trattato. Due appendici aggiunte nella seconda edizione infine completano il libro, aggiungendo informazioni sul redattore della prima versione del dizionario (del 1691), e riportando un verbale giudiziario di un caso di omicidio avvenuto nel 1982 associato alla storia dei Chazari.
I tre dizionari e le due appendici sono legati tra di loro da rimandi, delle specie di iperlink su carta, annegati all’interno delle voci del dizionario e delle appendici. Infine il libro è stato pubblicato originariamente in due diverse copie, femminile e maschile, che differivano per un blocco di una quindicina di righe all’interno di una voce del dizionario. L’editore Voland ha scelto di stampare solo la copia femminile, al cui interno sono riportate anche le righe della copia maschile.
Argomento del libro è il popolo Chazaro e in particolare la questione Chazara, cioè la fase in cui, per volere del kagan, il capo politico e religioso, la nazione ha scelto quale religione seguire. Le possibili scelte erano tre: il cristianesimo, l’islam e l’ebraismo, e i tre dizionari del libro sono relativi ognuno a una di queste religioni, presentando così le definizioni delle parole dal punto di vista di ogni gruppo religioso. Quattro parole particolarmente importanti sono riportate in tutti e tre i dizionari (“Ateh”, “chazari”, “kagan” e “polemica chazara”), le altre sono presenti in uno solo dei dizionari. All’interno delle voci in qualche caso sono inseriti dei documenti o dei racconti che arricchiscono la narrazione.
Questa rapida descrizione probabilmente permette di intuire la complessità della struttura del libro, e senza entrare nello specifico degli argomenti narrati possiamo comunque dire che la complessità della forma si rispecchia anche a livello di contenuti.
Nella nota introduttiva l’autore spiega come utilizzare il libro: nonostante proponga qualche metodo, come leggere il dizionario cercando unicamente le parole che interessano, oppure dall’inizio alla fine come un libro normale, o ancora procedendo per terne di parole o personaggi, in definitiva l’autore lascia la massima libertà al lettore esplicitando che il libro può essere letto in qualsiasi modo, muovendosi liberamente tra le voci e senza dovere seguire un particolare ordine.
Arrivati a questo punto possiamo parlare del libro in ottica di iperromanzo. La prima cosa che si può dire, assolutamente a favore del Dizionario, è che, sia dovuto alla complessità degli argomenti e della struttura, sia dovuto alla capacità dell’autore di distribuire indizi, spiegazioni, rimandi all’interno delle varie voci, sia infine dovuto all’importanza della sequenza di lettura delle voci scelte dal lettore, ci si trova tra le mani un libro che si svela a poco a poco, si contraddice, fa venire dei dubbi su ciò che si è appena letto, infine fa riformulare i pensieri col progredire della lettura, portando il lettore a sentire la necessità di riprendere voci e pagine per rileggerle alla luce delle nuove conoscenze che gli derivano di volta in volta dalla lettura.
Un ulteriore punto di complessità è la commistione tra fatti storici reali e invenzione letteraria, che grazie alla scarsa conoscenza, almeno mia, della storia dell’antico popolo chazaro e delle vicissitudini religiose da esso attraversate, ma anche grazie al modo di narrare dell’autore (storico della letteratura serba dei secoli XVII-XIX) che narra vicende reali e inventate con il medesimo stile poetico e fantastico, senza curarsi di fornire al lettore i mezzi per distinguere il vero dal falso (o meglio, volutamente mischiandoli).
La scelta dell’argomento poco noto, almeno in Italia; il muoversi nel tempo in tre periodi storici distinti: nei secoli VII-XIX, nel secolo XVII e nel secolo XX; i rimandi tra le varie voci del dizionario e la storia particolare del popolo chazaro (al crocevia tra le tre religioni del libro e influenzato da tutte e tre, pressato da imperi e popoli nemici, convertitosi all’ebraismo in seguito a una disputa tra religiosi indetta dal kagan, più altre invenzioni fantasiose dell’autore), fanno sì che presto il lettore perda il senso di cosa possa essere vero e cosa inventato, e spesso si stupisca, facendo ricerche per conto suo, di cose reali che aveva battezzato come di fantasia.
Sì, facendo ricerche per conto suo. Perché questa indeterminatezza, questo universo onirico e fantastico stimola la curiosità del lettore, che difficilmente può rimanere soddisfatto da ciò che ha letto nel libro: cercherà di capire se Ibn Abu Haderash è davvero un diavolo islamico, o se la principessa Ateh è un personaggio di finzione, rimanendo stupito quando non riuscirà a trovare informazioni che escano dal contenuto del libro. Sfuggevolezza, forse, è la parola che meglio descrive il Dizionario: si potrebbe dire che niente è come sembra, e che tutto ciò che si legge potrebbe essere sovvertito poche righe dopo, ma sarebbe ancora una semplificazione, perché qualcosa invece è come sembra, non si può nemmeno dubitare di tutto, ci si sente quindi in balia di un autore che vuole prendere il completo controllo della nostra mente, che ci manipola, ci distrae e alla fine ci possiede completamente.
Voto alla complessità di contenuti: 10/10
Lo so, è arrischiato dare il massimo dei voti, ma effettivamente l’impressione è che l’autore abbia giocato davvero tutte le carte a disposizione per creare un universo sotto il suo completo controllo, e che ci provi gusto a essere Dio informando, sviando l’attenzione, ingannando, portando su false strade il lettore. In particolare ho trovato magistrale la capacità di generare nel lettore il dubbio di essersi perso qualcosa, l’idea che rileggendo di nuovo una voce già attraversata si potrebbe ottenerne informazioni ulteriori, si potrebbe apprezzare meglio qualcosa. Per questa sua capacità ho letto il libro una volta e mezza, e ora, scrivendone la recensione, mi è di nuovo tornata la voglia di riprenderlo in mano perché, sicuramente, nella prima lettura non ho approfondito abbastanza qualche voce, ora invece potrei risolvere qualche punto rimasto aperto, ora potrei capire qualcosa di più. Questa sensazione può nascere solo da un libro complesso, solo da un libro che ha posto tante domande al lettore.
Voto alla complessità di forma: 9/10
Le modalità di lettura, come detto, sono esattamente quelle di un ipertesto, con un numero di link all’interno del testo non eccessivo e fastidioso, che potrebbe distogliere dalla storia, ma comunque abbastanza alto da renderlo vivace e magmatico. Oltre ai link è presente anche un indice, che permette di avere sotto gli occhi e di tenere nota delle voci del dizionario già lette. Due trucchi hanno permesso all’autore di alzare la probabilità che due voci venissero lette solo dopo le altre: una voce, oltre a essere posizionata verso la fine del libro, non ha link in ingresso dalle altre voci; l’altra voce è stata messa in appendice. La notevole varietà dei link utilizzati nel Dizionario fa sì che il lettore si trovi catapultato, ad ogni voce, in una storia diversa, in un tempo diverso, senza avere alcun indizio su dove verrà condotto.
Infine, la sensazione che ho avuto è che l’autore abbia scherzato col lettore anche con la sua affermazione “[...] il lettore può usare il libro come più ritiene opportuno”. Ha scherzato perché, nella sua onnipotenza di autore, sembra che abbia il completo controllo delle sensazione del lettore, dello straniamento, della confusione che possa incontrare con qualsiasi sequenza di lettore: Pavić ha il controllo di qualsiasi percorso di lettura all’interno del libro, nulla è lasciato al caso da lui. O, almeno, questa è la sensazione che assale il povero lettore alla mercé dell'autore.
Dicevamo che i link sono variegati, dei sette tipi di link individuati in un precedente saggio ho ritrovato i seguenti.
Punto di vista: quando uno stesso evento, come la polemica chazara, o un personaggio, come la figura del kagan, è presentato tre volte dal punto di vista delle tre religioni.
Accessori: con l’aggiunta di informazioni che sono anche fuori dal flusso narrativo, magari solo perché si è seguita una via particolare nella scelta delle voci.
Intrecci: perché le molteplici storie narrate ritornano, procedono, si ripresentano anche in forma nascosta, mutata.
Salti nel tempo: sono vertiginosi e senza preavviso, e anche loro servono per illuminare di luce sempre diversa le vicende anche di altri periodi temporali.
Tessere: perché l’aggiunta di voci del dizionario alla storia già nota continua a modificare la visione che il lettore se ne è fatta, e le singole voci hanno un significato diverso se lette in momenti diversi.
Il libro mi è stato segnalato da Stefano de Merich, che si e mi chiedeva se il Dizionario dei Chazari fosse da considerare un iperromanzo e un romanzo ipertestuale. Innanzitutto ringrazio Stefano per la segnalazione, questo libro me lo ero completamente perso, e sarebbe stata una grossa perdita. E poi la risposta: secondo me il Dizionario è non solo sia un iperromanzo che un romanzo ipertestuale, ma è anche molto bello, affascinante e coinvolgente, e direi che tra tutti quelli al momento recensiti in questi saggi si pone come l’esempio più riuscito di questo tipo di letteratura.
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Ultimo aggiornamento: 6 febbraio 2022.