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Analisi: Afternoon, a story

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Afternoon, a story, di Michael Joyce

Questa analisi tratta della prima opera ipertestuale di tipo romanzesco che abbia avuto un certo successo commerciale e di critica. Vista la particolarità dell'opera, e la sua scarsa fama almeno in Italia, sarà necessario fornire prima alcune informazioni su di essa.
È stata pubblicata la prima volta nel 1987 in formato di floppy disk per un numero limitato di utenti, nel 1989 i contenuti dell'opera si sono stabilizzati e le successive edizioni sono state realizzate per includere delle variazioni nel programma di supporto agli ipertesti del romanzo. L'edizione attualmente acquistabile è del 1992 e sembra essere disponibile solo presso il sito dell'editore, la Eastgate Systems, con acquisto tramite internet e in lingua inglese. Navigando su internet sembra che sia stata disponibile per qualche tempo anche un'edizione tradotta in italiano e pubblicata da Elettrolibri, ma non essendo più rintracciabile la casa editrice ritengo che abbiano chiuso e non sia più disponibile l'opera in italiano.

L'edizione attuale si presenta come un CD contenente un programma di setup che installa il programma sull'hard disk del computer: il tutto si riduce a una occupazione di circa 1 megabyte sul computer, poiché non sono state fatte variazioni sostanziali dal tempo in cui era venduta su un floppy disk come supporto. Una volta installata l'opera può essere utilizzata senza che sia più necessario il CD.

L'opera è stata realizzata utilizzando l'applicativo Storyspace sviluppato dall'autore Michael Joyce insieme a Jay David Bolter e John B. Smith, prodotto dalla Eastgate Systems e attualmente in commercio. In un prossimo saggio magari recensirò l'applicativo, per ora vi basti sapere che si tratta di un unico programma che serve sia per lo sviluppo che per la fruizione di ipertesti in locale sul computer, è nato circa nel 1990 e praticamente non ha subito evoluzioni da allora; per questo motivo l'interfaccia è molto datata e l'usabilità molto inferiore agli standard a cui siamo abituati oggi.

La terminologia che utilizzerò d'ora in avanti per ciò che riguarda i romanzi ipertestuali sarà la seguente.

Passiamo ora a qualche informazione relativa all'aspetto con cui si presenta l'opera "Afternoon". Essa è completamente testuale, quindi non contiene immagini nè sonoro. La finestra dell'applicativo è di dimensioni ridotte rispetto agli attuali schermi e ogni singolo nodo è completamente contenuto all'interno della finestra (circa 18 righe per un'ottantina di caratteri). Ognuno dei più di 500 nodi è identificato da un titolo.
I link di uscita da una pagina possono essere di diversi tipi:

È da notare che i link sopra elencati possono essere attivi o disattivi a seconda che si siano attraversati, in precedenza, dei particolari nodi; ciò significa che una stringa può essere una hotword se si è passati da un dato nodo oppure essere del normale testo se non si è passati da quel nodo.

Le ultime particolarità dell'interfaccia sono un tasto che permette di tornare al nodo precedentemente visitato e la possibilità di aprire una finestra con la sequenza dei nodi visitati durante la lettura, in modo da potere tornare a uno qualsiasi di essi. Infine, è possibile salvare la posizione raggiunta nella lettura dell'opera, compresa la sequenza dei nodi attraversati.

Siamo finalmente arrivati ai contenuti dell'opera, e qui il lavoro di analisi aumenta di difficoltà. E di imbarazzo. Primo, perché l'opera è studiata per essere fruibile realizzando diversi percorsi all'interno dei nodi, di conseguenza cambia il significato dell'opera a seconda del percorso che ha seguito il lettore. Ma il secondo motivo, molto più importante, è che per potere avere molteplici storie all'interno dell'opera in conseguenza della navigazione attraverso link e nodi, l'autore ha creato molti nodi e molti link che li uniscono. I nodi contengono dei testi brevi e molto frammentari, proprio per permettere la loro consistenza se attraversati proveniendo da sequenze di nodi non facilmente predicibili a priori. I testi non raccontano quindi storie, o sequenze di avvenimenti, ma pensieri, immagini, senza una collocazione temporale precisa. Per lo stesso motivo ogni nodo è scritto in modo ambiguo, generico, magari senza indicare il soggetto o l'oggetto ma con dei semplici "io", "lui" o "lei".
In definitiva: la lettura dell'opera risulta molto difficile, il lettore deve interpretare i vari nodi che incontra e impegnarsi a dare un senso alla loro sequenza, anche se a volte il senso non sembra essere presente nel testo. Per rendere ancora più evidente la richiesta dell'autore di un contributo attivo da parte del lettore alla costruzione del significato, Joyce ha deciso di non indicare in modo grafico le hotword all'interno del testo. Questa assenza di chiari segnali, dice l'autore, non sono un tentativo di infastidire il lettore, ma piuttosto un invito a leggere in modo inquisitorio, giocoso e in profondità, e suggerisce di cliccare sulle parole che più interessano o invitano il lettore.
Come detto, le hotword non sono visualizzate diversamente dalle normali parole del testo, quindi a priori non è possibile dire quale stringa sia una hotword se non cliccando e verificando se si raggiunge un nodo diverso da quello di default. Esiste anche la possibilità di aprire una finestra che raggruppa tutti i link di uscita dal nodo su cui ci si trova e, volendo, di seguire uno qualsiasi di questi link. Ciò in teoria permette al lettore di verificare facilmente se sulla pagina ci sono delle hotword da seguire, piuttosto che schiacciare come un forsennato ogni singola parola per vedere se porta a un nuovo nodo. In pratica è la sconfitta dell'ipertesto: aprire una finestra diversa dalla finestra del racconto significa uscire dal racconto stesso, porsi in una posizione esterna al racconto e guardare la sua struttura per scegliere una strada: è quanto di più freddo e di più lontano da una lettura coinvolgente possa venire in mente.

Quando termina il romanzo? Quando il lettore non ha più voglia di continuare, o quando si accorge che la storia non progredisce, o quando per la terza volta ritorna sul medesimo nodo e si stufa di stare perdendo tempo.

Riassumiamo: l'opera è costituita da una grande massa di testi molto brevi, questi sono tra di loro scarsamente correlati e anche le hotword da cui un nodo è raggiungibile spesso sembrano slegate dal contenuto del nodo di arrivo, quindi in definitiva il lettore non ha la possibilità di decidere la storia ma piuttosto la subisce; inoltre, non essendoci ambientazione né collocazione temporale di ciò che è riportato nel testo, facilmente il lettore perde il controllo di "dove si trova" all'interno dell'opera, e ancor più facilmente ci si dimentica che cosa si è letto, in questo aiutati dalla scarsità di un senso nella lettura e nella sequenza dei nodi.
Nelle analisi precedenti, relativi a romanzi o iperromanzi, ho sempre cercato di analizzare la struttura dell'opera, evitando di dare giudizi sui contenuti o sullo stile di scrittura. In questo caso non è possibile, nel senso che la forma è indubbiamente quella del romanzo ipertestuale, i contenuti invece sono di difficile interpretazione e, sinceramente, la sensazione che mi assale come lettore dall'inizio alla fine è di estrema freddezza, di costruzione mentale curatissima ma senza attrattive, senza anima.

Concludo l'analisi esprimendo un dubbio. Prima c'era il libro, quello che tutti conosciamo con le pagine e la sua rassicurante lettura sequenziale, poi la tecnologia ha permesso di realizzare in modo semplice gli ipertesti, che potenzialmente erano già possibili con i normali libri, ma la realizzazione era più complessa. Nel momento in cui qualcuno ha provato a realizzare tramite ipertesti un'opera letteraria, perché cercare di realizzare al primo tentativo qualcosa di così difficile come un'opera ipertestuale che avesse un senso per qualsiasi percorso al suo interno? Perché cercare di produrre un'opera che a seconda dei percorsi cambiasse radicalmente di significato? È come se i fratelli Wright avessero cercato di sorvolare l'oceano Atlantico con il primo volo del loro aereo a motore: probabilmente non avrebbero raggiunto la notorietà, oltre a non raggiungere l'America.
Quello che ha prodotto Joyce è, a mio parere, un'opera illeggibile. Un'opera che è sicuramente importante da un punto di vista teorico, ma che non ha alcuna possibilità di potere essere fruita e apprezzata, infatti non ha avuto alcun successo commerciale. E ritengo che sia stata dannosa alla causa dei romanzi ipertestuali: lo vedremo nelle analisi che seguiranno, ma i romanzi ipertestuali che finora ho incontrato sono tutti dei tentativi di fare qualcosa di strano, di nuovo, dimenticandosi della letteratura che è stata finora e, quel che è peggio, dimenticandosi del lettore e del piacere che quest'ultimo potrebbe volere ottenere dalla lettura. Ho l'impressione che sia oramai assodato che un romanzo ipertestuale debba essere un magma di frammenti sparsi, il più possibile strani per simulare profondità di pensiero, senza nessun costrutto e senso. Questo, ovviamente, ha escluso i romanzi ipertestuali da qualsiasi possibilità di essere apprezzati da qualcuno che non sia un esperto dell'argomento (e comunque nessuno mi ha ancora tolto l'idea che gli esperti dell'argomento dicano che certe opere siano fondamentali perché le vedono dal punto di vista teorico e non dal punto di vista letterario). E, purtroppo, ha infilato i romanzi ipertestuali in un tunnel da cui non sono ancora riusciti ad uscire producendo un'opera letteraria degna di questo nome.

Voto alla complessità di contenuti: 5/10
I contenuti sono complessi: dialoghi, stati d'animo, poesie, brani di altre opere, brevi avvenimenti. Sinceramente però ho dei problemi a dire che l'opera sia complessa nel suo insieme, proprio per la sua estrema frammentarietà e, personalmente, per l'impossibilità di estrarne qualche sensazione, qualche emozione. Di nuovo sto parlando dello stile di scrittura, e non mi sto attenendo strettamente ai contenuti dell'opera, ma questo, ritengo, è dovuto al fatto che in un'opera così complessa come è un romanzo ipertestuale, la forma e la sostanza possono essere divisi ancora meno che in un romanzo normale. Probabilmente l'estrema complessità di un iperromanzo di questo tipo lo rende così fragile che, se non è scritto e costruito più che bene, l'intera stuttura non regge il proprio peso e ne risulta un'opera senza qualità letterarie.

Voto alla complessità di forma: 8/10
L'opera ha indubbiamente forma di iperromanzo, poiché la sensazione è proprio quella di avere tutto il contenuto a disposizione, che accade nel medesimo istante e che deve solo essere scoperto a poco a poco. Ciò che secondo me non rende la forma efficace come potrebbe essere è la (apparente?) casualità dei nodi e dei link: la maggior parte delle volte ci si trova spiazzati nel raggiungere un nodo poiché non se ne comprende il nesso con il nodo precedente, e questa sensazione vale a maggior ragione quando si segue il link legato a una hotword: non si capisce perché dal nodo precedente e seguendo quella specifica hotword si debba giungere a un nodo slegato da tutto ciò. La sensazione del lettore è di essere sballottato a caso in un ammasso di frammenti senza senso. Il tipo di iperromanzo, nella nostra terminologia, è a tessere.

Dicevo che l'analisi dell'opera è fonte di imbarazzo, perché è uso, nella comunità degli studiosi, parlare positivamente dell'esperimento di Michael Joyce con il primo romanzo ipertestuale. Purtroppo questo giudizio positivo non mi trova d'accordo, non solo per l'opera in sè, ma specialmente perché il risultato di questo primo esperimento fallito ha affossato fino ad ora tutta la letteratura ipertestuale.
La speranza, dopo questa prima analisi, quindi è di leggere in futuro un iperromanzo ipertestuale che sia piacevole, che faccia capire come può essere scritto un romanzo ipertestuale e quali potenzialità abbia, se ne ha, in modo da esplorare le possibilità di questo nuovo modo di organizzare i contenuti di una storia. Solo in un secondo tempo vorrei leggere qualcosa di sperimentale, di strano e di spiazzante. Joyce, quello vero, James, ha scritto Finnegan's Wake dopo avere scritto Dedalus, ed entrambi sono stati scritti dopo Dostoevskij. Mi chiedo perché Joyce l'altro, Michael, abbia deciso di fare degli esperimenti estremi con un mezzo che ancora non conosceva, ha cercato di costruire qualcosa di mai visto e mai sentito prima ancora di avere padroneggiato la tecnica. Questo, secondo me, è il motivo principale per cui i romanzi ipertestuali hanno avuto così poco successo finora: si è formata l'opinione per colpa di Michael Joyce, tra gli scrittori di romanzi ipertestuali, che il risultato debba per forza essere qualcosa di illeggibile.

Per chi fosse interessato a leggere un ulteriore saggio, in inglese, e approfondire la trama del romanzo ipertestuale Afternoon, a story, rimandiamo a questo link (pagina in inglese).

 

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Data di pubblicazione: 22 settembre 2008.

Parolata.it è a cura di Carlo Cinato.
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