Il cielo azzurro era illuminato da poche nuvole bianchissime, alte e
amichevoli. Sulle montagne il ghiaccio si scioglieva lentamente,
l'acqua dei ruscelli scendeva limpida canterellando, il debole vento
muoveva appena l'erba e le foglie degli alberi fioriti. Gli uccelli
giostravano festanti nell'aria fresca, liberi e gioiosi.
Era primavera, come da progetto, cioè il progetto prevedeva che
fosse sempre primavera, con il profumo fresco e umido di rugiada delle
mattine, l'odore tenero e morbido di foglie e gemme neonate e le
fragranze dei fiori che si intrecciavano e si rincorrevano come
rondini. Una eterna e infinita primavera era sembrata la scelta
migliore.
Erano quasi due anni che contemplava il frutto del suo lavoro, e ancora
non se ne era stancato. C'era voluto del tempo a realizzare il mondo,
una settimana di lavoro pressoché ininterrotto, ma non era stato
quello l'ostacolo più difficile, il lavoro più faticoso
era stata la progettazione: la complessità dell'opera aveva
richiesto la massima attenzione, e Lui non poteva permettersi di
sbagliare qualcosa di sostanziale. Non c'erano testimoni, è
vero, e una modifica in corso d'opera non sarebbe stata né
notata né tramandata, ma Lui era un perfezionista e, anche se
fosse stato l'unico a saperlo, non avrebbe sopportato una tale macchia
sul suo curriculum.
Gli animali vivevano in pace, erano tutti erbivori, ognuno di loro
mangiava solo il necessario per il proprio sostentamento senza
danneggiare gli altri animali. La pelle lucida, gli occhi fiduciosi e
pacifici, il rumore sordo dei passi: non c'era alcuna sensazione di
minaccia in loro ma solo una quieta accettazione della bellezza della
vita.
L'uomo e la donna erano nudi, belli, puliti, dormivano all'aperto,
mangiavano dei frutti della terra e degli alberi e girovagavano in
quello splendido giardino primaverile. Accarezzavano gli animali,
odoravano i fiori, sedevano sull'erba accogliente e nuotavano nei laghi
limpidi. Non erano diversi dagli altri animali, non se ne discostavano,
assolutamente integrati nel paradiso che era stato messo a loro
disposizione.
Insomma, tutto era stato realizzato secondo i piani del progetto
durante la settimana di lavoro, e il tocco finale era stato davvero
molto scenografico e Lui ne andava fiero: ancora ci ripensava, di tanto
in tanto.
- Siete i padroni qui dentro: tutto è stato costruito per il
vostro piacere e per essere sottomesso alla vostra volontà:
montagne e mari, prati e fiumi, alberi e animali. Potete decidere su
tutto, tranne che su una cosa. Lo vedete quell'albero in mezzo alla
radura? Non potrete mai, dico mai, a nessuna condizione e per nessuna
ragione, mangiare uno dei suoi frutti. È l'albero della
conoscenza del bene e del male, e qualora lo mangiaste certamente ne
morireste.
Dieci anni erano passati dal termine della creazione, era una
primavera sfavillante e si stupiva di cominciare a provare un po' di
noia. Il cielo azzurro, le nuvole bianche, il debole vento, gli alberi
in fiore, gli animali pacifici, l'uomo e la donna: tutto in pace, ogni
cosa al suo posto, la perfezione assoluta.
- Ho sbagliato qualcosa. Ma dove ho sbagliato? E perché ho
sbagliato? Tutto è perfetto, tutto è stato realizzato
senza errori ma nulla cambia, nulla si evolve. L'odore di primavera, di
erba fresca, di fiori di ciliegio, è odore di vita, però
la situazione è bloccata. E dire che non ho lasciato nulla al
caso, tutto ciò che era stato previsto è stato
realizzato, solo questa noia, questa opprimente noia non era voluta.
I ruscelli, la quiete, i giorni che si susseguono dovevano essere
gioiosi, invece sono di una monotonia insopportabile. Tutto
è perfetto, tutto è bello, però, quei due, l'uomo
e la donna: li ho creati, come si dice, a mia immagine e somiglianza.
Esteriormente sono a mia immagine e somiglianza, sono come me,
però, in fondo, nell'animo, nel carattere, non mi assomigliano
per niente. Perché? Come è possibile? Come possono essere
così apatici, così insulsi? Ho dato loro l'albero della
conoscenza, dico, sto parlando dell'albero del bene e del male. Ho
spiegato loro che cos'era, li ho diffidati anche solo dal pensare di
avvicinarsi, e loro cosa fanno? Lo evitano. Non si avvicinano, non ne
assaporano i frutti. Mi chiedo come sia possibile ciò, come
possa io avere creato due simili mostri.
Altri sei anni, è primavera, nel cielo blu passeggiano le
nuvole bianche e alte e gli uccelli scuri, i ruscelli gorgogliano; i
fiori freschi, odorosi e colorati interrompono piacevolmente il verde
brillante dei prati; gli animali pascolano placidamente, attenti a non
mangiare nulla più del necessario, a non pestare inutilmente
alcuna pianticella.
- Dei tonti. Non c'è nulla da fare, devo prenderne atto: ho
creato due tonti. Passeggiano, chiacchierano, piluccano qualche bacca e
dormono. Non una carezza, figuriamoci un bacio. Non hanno litigato una
sola volta tra loro, non hanno nemmeno discusso di me, di loro, non
sanno chi e dove sono e non vogliono saperlo, non si sono chiesti da
dove arrivano e dove andranno. Parlano della primavera, del tempo:
buongiorno, oggi fa freschetto, vero? sì, anche ieri però
l'aria era frizzantina, prenda una bacca, sì grazie, molto
gentile. Il risultato di tutto ciò? Nemmeno si avvicinano
all'albero della conoscenza. Ma non perché non vogliono
rischiare di essere tentati, di cedere alla curiosità di sapere,
di mangiare il frutto. Non si avvicinano perché proprio non gli
interessa. NON GLI INTERESSA. Non desiderano sapere, non vogliono
crescere. Il bene e il male sono due argomenti che non li riguardano:
bella giornata oggi? sì, davvero bella. Col cavolo che questi
qua scoprono il fuoco, che inventano la ruota. Figuriamoci guardare il
cielo con un cannocchiale, o scrivere un romanzo.
Perché è successo tutto ciò? Perché ho
voluto strafare, ecco perché. Il libero arbitrio. Ecco cosa ho
voluto inserire nel mondo. Ma libero arbitrio per me significa decidere
cosa fare della propria vita, decidere tra il bene e il male, fare
delle scelte e poi scoprire se la scelta è stato giusta o
sbagliata, significa cadere e rialzarsi per poi cadere di nuovo. Qui
invece sembra che libero arbitrio significhi potere scegliere di non
fare nulla e buttare la propria vita alle ortiche. E io ho creato tutto
ciò, nuvole, acqua, uccelli, pietre affinché questi due
non facciano nulla? Ma quando mai mi è venuta in mente questa
idea del libero arbitrio!?
Ma non è il libero arbitrio il vero problema, quella era un'idea
buona, forse la migliore che abbia avuto da quando ho iniziato questa
impresa, altrimenti sai che noia se tutto fosse già stato deciso
a tavolino. E anche l'idea dell'albero della conoscenza: se ho
inventato qualcosa di buono in tutto questo ambaradan è proprio
l'albero della conoscenza e il divieto assoluto di mangiarne i frutti.
No, il problema è che questi qua sono due tonti come non si
erano mai visti. L'idiozia purtroppo è una variabile impazzita,
che può distruggere anche il piano migliore, che può
mandare a monte il progetto più raffinato. Anzi, più il
progetto è raffinato più è in balia dell'idiota.
Ora devo inventare qualcosa per risolvere la situazione, altrimenti va
a monte tutto, tanto lavoro e tempo gettati via, persi. Devo inventare
qualcosa, che se aspetto ‘sti due il mondo può già
considerarsi finito, prima ancora di iniziare.
- Donna, è vero che Lui vi ha detto: non dovete mangiare i frutti dell'albero della conoscenza?
- È vero, ha detto che se ne mangiassimo i frutti certamente moriremmo.
- Non morireste affatto, anzi! Se ne mangerete i frutti diventerete
come Lui: conoscerete il bene e il male. Lui vuole tenervi sottomessi,
per questo vi ha mentito dicendo che morirete, affinché voi non
possiate conoscere le cose che conosce Lui.
- Sì, però Lui ci ha detto di non mangiarlo, quindi noi non lo mangeremo.
- Non desiderate conoscere? Non desiderate vedere oltre il cespuglio di
bacche? Davvero volete nutrirvi di radici tutta la vita? O volete
spendere l'intera vostra vita guardando le nuvole e passeggiando? Che
piaceri potete provare se non avete provato prima l'assenza di piacere?
Se nulla di ciò che vivete è stato pensato, scelto e
desiderato? Se tutte le cose accadono indipendentemente da voi? Se non
vi siete stancati di lavoro, che ristoro può darvi il sonno? Se
non avete impegni e difficoltà che piacere può darvi
l'ozio? Se non vi siete sporcati, che gioia può darvi il
lavarvi?
- Capisco le parole che dici, ma non comprendo il significato che vuoi
attribuir loro. Desiderio di conoscere? Lavoro? Difficoltà?
Perché dovremmo provare il desiderio di sperimentarli? Noi siamo
felici della nostra vita, felici di seguire gli ordini che ci hanno
imposto, felici di vivere in un luogo dove non ci manca nulla, dove
tutto è perfetto e studiato. Se abbiamo fame mangiamo, se
abbiamo sete beviamo, se piove ci ripariamo e se abbiamo sonno
riposiamo. Cosa altro può esserci di interessante nella vita?
Che cosa ci dovremmo perdere in questo modo?
- Come cosa può esserci? Il mondo intorno a voi non vi suscita
delle domande? Perché i prati sono verdi? Perché esistono
gli animali? Non esistono altri sapori oltre a quelli delle bacche e
dei frutti? Perché voi siete due esseri simili ma diversi?
Perché esistete? Non parlate mai dei vostri sogni, delle vostre
speranze o dei vostri progetti? Non sentite il bisogno di creare
qualcosa come Lui ha creato voi? Un figlio, una musica, un coltello,
una storia? Potreste essere come Lui, invece siete solo delle bestie
ignoranti, ecco cosa siete.
- Tu sei invidioso di noi, della nostra felicità. Desideri
allontanarci da Lui, non facendoci seguire il suo volere. Tu vuoi che
noi mangiamo il frutto dell'albero e che moriamo. Lui ci diede
un'ordine e noi lo seguiremo: a nessuna condizione e per nessuna
ragione noi mangeremo quei frutti. Senti, serpente, lasciaci stare: noi
siamo contenti così, anzi felici, e ora vattene.
Lui aveva seguito con ansia la scena e non si capacitava delle
parole uscite dalla bocca della donna. Soprattutto, non si riconosceva
nelle sue creature: la donna era così ottusa, così chiusa
nella sicurezza del suo piccolo mondo, e l'uomo era così
inutilmente silenzioso da non dire una sola parola, probabilmente non
aveva neanche capito il motivo della discussione. Il serpente aveva
fatto un buon lavoro, aveva fallito ma non per suo demerito, e a questo
punto non c'erano più alternative possibili.
Si guardò intorno circospetto poi, con un atto imperioso che si
augurò di non dovere mai più ripetere per il resto
dell'eternità, sospese il libero arbitrio della donna e
dell'uomo per qualche istante. La donna non potè fare a meno di
avvicinarsi, lentamente e senza interesse, all'albero della conoscenza,
raccogliere un frutto, morderlo e passarlo all'uomo che, dopo averlo
guardato stupito, lo addentò senza desiderio a sua volta.
Immediatamente il cielo, fino a un momento prima sereno, si
riempì di nuvole grigie che si squarciarono per fare uscire Lui
che tuonò.
- Cosa accade?
- Nulla, Signore, non è accaduto nulla, perché ce lo domandi?
- Cos'hai dietro la schiena? Forse un frutto dell'albero della conoscenza?
- È stata lei, Signore, io non volevo mangiarlo, è lei
che ha voluto, ha insistito tanto. Perdonami, Signore, perdonami.
- Non è vero, non ho insistito. La colpa è del serpente:
è lui che ci ha ingannato, ha parlato tanto e alla fine ci ha
costretti a mangiare del frutto, ma io non volevo. È lui il
colpevole: puniscilo.
- Sia maledetto il serpente – disse Lui facendo l'occhiolino al
serpente - Sia maledetta tu, o donna. E sia maledetto tu, o uomo.
Andrete vagabondi nel mondo, finalmente a lavorare con fatica, a
partorire con dolore, a sbagliare, a cadere e a piangere, ma
specialmente a gioire, a ridere, a cercare la conoscenza e a inseguire
la felicità. Ora andate a vivere davvero, e buona fortuna.
- Speriamo solo che i figli di questi due siano un po' più
svegli, altrimenti chiudo davvero bottega e non se ne parla più.
Lui dall'alto osservava con un sorriso bonario l'uomo e la donna,
finalmente abbracciati, che si allontanavano mestamente dal centro del
paradiso sotto il cielo plumbeo che minacciava un temporale.
Discutevano su quale direzione prendere per trovare un rifugio e in che
modo avrebbero potuto ripararsi dalla pioggia imminente.
All'improvviso fu estate: l'erba si fece giallastra e rigida, i fiori
appassirono e ad essi si sostituirono i frutti, l'aria divenne pesante
ed elettrica, l'afa e l'umidità li prese alla gola.
Si poteva odorare il profumo rasposo del fieno, l'odore pastoso della
frutta corrotta, quello pungente dell'acqua marcia nelle paludi, il
fetore delle carogne nei prati.
Pubblicato il 10 giugno 2007.