Filippo era da poco arrivato nel nuovo quartiere ed era stato inserito nella classe III C, dove non conosceva nessun compagno. Appena arrivato fu convocato dal direttore, amico dei suoi genitori, che gli chiese un aiuto: un ragazzino della sua classe, intelligentissimo e vanto della scuola, aveva improvvisamente deciso di non partecipare più alle lezione scolastiche e si era rifugiato nei giardinetti vicino, costruendosi una capanna e vivendo circondato da altri ragazzini zingari di cui era diventato il capo. Mario, il ragazzo, si faceva comunicare dai vecchi compagni i testi dei compiti in classe e inviava regolarmente, il giorno dopo, i suoi elaborati, che si dimostravano sempre perfetti e migliori di qualunque altro. Il direttore chiese a Filippo di cercare di convincere Mario a ritornare a scuola, poiché finora tutti coloro che ci avevano provato avevano fallito e la scuola non sapeva come trattarlo: meritava di essere promosso, però i professori non potevano chiudere un occhio sul suo strano comportamento.
Filippo andò ai giardinetti, dovette aspettare a lungo perché gli zingarelli non gli permisero subito di incontrare Mario poi, finalmente riuscì a parlargli. Rimase affascinato dall'intelligenza di Mario, e orripilato dal suo modo di fare: spadroneggiava sui suoi compagni e infliggeva loro delle punizioni atroci in caso di mancanze, nonostante ciò gli zingari gli erano fedeli e, anzi, lo idolatravano. Mario, però, era anche molto malato, forse per il freddo preso nella capanna, e aveva bisogno di essere curato. Filippo, quasi a forza e contro la volontà sua e degli zingari, trascinò via Mario dai giardinetti per portarlo all'infermeria della scuola, lì vicino, ma a metà del percorso Mario, oramai allo stremo, si irrigidì, disse in un sussurro "La scuola, la scuola" e morì.
Pubblicata il 14/1/2007.