Primo indizio: incipit
C'era pieno di conifere, senza neve e ghiaccio sui rami per la forte e recente aria, ma il fiume ghiacciato era. E silenzio. E assenza di vita, e tristezza. E un ridere rattenuto echeggiava e sovrastava il deserto gelido, un ridere più terribile del pianto, un ridere di animale mitico, del destino beffardo che umilia la vita e la speranza. Era il ridere del selvatico, dell'efferato e del brutale, che giunge fino all'intimo. Ma non era solo morte, era anche movenza, era linea interrotta e sinuosa, contro la desolazione.
Secondo indizio
Una meticcia e un purosangue iniziano la storia: lui riesce a sconfiggere i pretendenti alla femmina e, infine, a procreare. In cinque nascono, ma la carestia farà che solo un piccolo e la madre possano sopravvivere. Vengono, i due, adottati da una compagnia, della madre si sbarazzeranno mentre il piccolo rimasto non riesce a integrarsi nel nuovo gruppo, crescendo selvatico. Il piccolo, oramai cresciuto, viene poi passato di proprietà, e obbligato a guadagnarsi da vivere lavorando sul ring, ed è bravo in ciò, molto bravo.
Terzo indizio
Non è un bel periodo, e termina, poco prima che il protagonista muoia, grazie all'intervento di un tipo, che lo difende e lo porta via dal mondo violento dove è stato costretto, fino a redimerlo e a riportarlo nel mondo civile. Il tipo verrà ricompensato di ciò, perché il nostro in una occasione ne difenderà il padre, rischiando per questo di morire, ma anche questa volta riesce prodigiosamente a guarire e a ritornare nella casa di coloro che ama, per scoprire che i figli suoi e della sua compagna sono nati. E qui finisce la storia.
La soluzione e il vero incipit sono in fondo alla pagina.
Soluzione
Zanna Bianca, di Jack London.
Incipit reale
Cupe foreste di abeti rossi s'affacciavano arcigne sulle due rive del fiume gelato. Un vento recente aveva strappato dai rami il bianco mantello di ghiaccio e nella luce dell'imbrunire gli alberi parevano appoggiarsi l'uno all'altro, neri e minacciosi. Un vasto silenzio avvolgeva il paesaggio. E il paesaggio stesso era desolato, senza vita, immobile, così solitario e freddo che neppure si poteva dire vi regnasse un senso di tristezza. Vi aleggiava un cenno di risata, ma una risata più terribile di ogni tristezza: una risata senza gioia come il sorriso della sfinge, una risata fredda come il gelo e percorsa dalla caparbia ferocia dell'infallibilità. Era l'imperiosa e incomunicabile saggezza dell'eternità, che sbeffeggia la futilità della vita e l'affanno del vivere. Era il mondo selvaggio, il mondo selvaggio del Nord, aspro, crudele, ghiacciato fino al cuore.
Eppure c'era vita su quella terra, e vi si muoveva come una sfida. Lungo il fiume gelato marciava una fila di cani lupo, col pelo ispido coperto di ghiaccio.