Un giorno d'estate scomparve. Era partito, approfittando delle vacanze, per una spiaggia che distava circa tre ore d'auto dalla sua città; in seguito non si seppe più nulla di lui.
Erika Marini, la moglie.
"Non riesco a capire come può essere successa una cosa simile, è stata proprio una brutta tegola. È da giovedì sera che ci penso, e non mi viene in mente alcun motivo per cui mio marito possa essere sparito, sparito nel nulla. Eravamo una famiglia felice, amava me e i due bambini, Massimo e Monykà, non può essere scappato di sua volontà, e poi nessuno gli voleva male, era amico di tutti e tutti lo amavano. Era una pasta di uomo, sempre disponibile, anche in ufficio, andava allo stadio e non era mai stato in mezzo ai disordini quali si vedono in televisione, aveva sempre un sorriso per chiunque, anche per i marocchini che ti lavano i vetri, che poi te li sporcano solo. D'altronde, si sa, sono sempre i migliori che se ne vanno. Non avevamo debiti, la villa dove abitiamo è nostra, e anche la casa a Spotorno, dove doveva raggiungerci, l'abbiamo comprata e pagata coi nostri soldi. Non c'è stato mai un litigio tra di noi, non ha mai avuto discussioni con nessuno. Era così felice. Che disgrazia, come sono sfortunata. Quando avete detto che trasmettete l'intervista? Non siete quelli di Fede, vero? Peccato."
Francesco Danniti, un vicino.
"Una brava persona, un vicino educato, una famiglia per bene che non ha mai dato problemi nel condominio: sono silenziosi, non stendono le lenzuola sul lato del corso, sa, abbiamo avuto delle discussioni con famiglie che sembra che non sanno che cosa è il decoro di un palazzo, che non hanno dignità. La moglie mi aveva raccontato che il Marini era un rappresentante di, non ricordo più per quale ditta e, per questo motivo, viaggiava molto in tutto il nord Italia, infatti si vedeva solo sabato e domenica, difficilmente era qui gli altri giorni. Gli unici rapporti che avevamo erano buongiorno e buonasera, non siamo mai andati oltre questo."
Massimo Marini, il figlio maggiore.
"Ganzo il vecchio, e chi lo diceva, sembrava un gino, sempre tappato come un cameriere e con i capelli dipinti sul gulliver e guarda che cosa ti tira su, a me piacerebbe se aveva fatto una rapina, era andato via con una stangona della madonna ed era scappato su un'isola deserta a spendere soldi e a bere redbull sulla spiaggia pieno di gnocche da fare schifo, altro che le cefale che ci sono qui, minchia non ci credo, forse è solo andato a paccarsi con la macchina, non l'hanno ancora trovato ma è solo andato a paccarsi con la macchina, capace anche di questo il matusa."
Franca Tremoli, un'amica.
"Sì, lo conosco da tanto tempo, già da prima che Federico si sposasse eravamo molto legati e abbiamo continuato a frequentarci anche dopo il suo matrimonio, anche se più di rado: avrebbe dovuto vedere le scenate di gelosia della moglie, sembrava una pazza, la si sentiva urlare fin sulla strada. Federico è tremendamente ambizioso e morbosamente desideroso di soldi, credo che ciò fosse dovuto alla sua infanzia povera, e si affannava a procurarsene il più possibile, a volte con metodi che non approvavo, per poi spenderli immediatamente. Non è molto legato alla famiglia, credo che avesse sposato la moglie per i soldi e, una volta che li aveva spesi tutti, aveva cercato di liberarsene, di andarsene, ma credo che non avesse abbastanza coraggio per farlo. Con me non parla mai della moglie e dei figli, sono argomenti che non gli interessano.
Negli ultimi tre anni ha raggiunto una notevole agiatezza, e temo che abbia in atto qualcosa di illegale, ma le mie sono solo supposizioni. È diventato più sospettoso, sicuramente più stanco e molto più controllato, nel parlare e nei movimenti, come se avesse paura di compiere un passo falso, di dire una parola di troppo e di compromettersi.
Quello che mi dispiace è che quando l'ho conosciuto era un'ottima persona, era generoso e idealista, poi la smania di accumulare soldi ha finito per impossessarsi di lui, e gli ha fatto dimenticare ciò che era stato, l'allegria, l'umanità che aveva dentro, e l'ha inaridito, trasformato, rovinato."
Ettore Spini, un collega.
"Conosco Federico da anni, è un buon venditore, non ha mai raggiunto risultati straordinari ma è sempre stato molto corretto con la ditta e con i clienti. L'ho incrociato lunedì mattina come tutte le settimane, mi era sembrato tranquillo, amichevole, come al solito, insomma."
Un biglietto anonimo nella buca da lettere di casa, con scrittura femminile.
"Signora, doveva vigilare di più su suo marito. Un uomo così ha mille tentazioni, bisogna tenerselo stretto. Mi dispiace per lei, ma se l'è meritato. Un'amica."
Giorgio Finzi Piffetti, un amico.
"Abbiamo giocato a pallone in cortile, poi siamo stati compagni di classe alle medie e a ragioneria, eravamo sempre insieme, e anche finite le scuole abbiamo continuato a frequentarci spesso. Ciò che ho sempre apprezzato di lui è la sua vitalità, la sua capacità di coinvolgere gli altri e di creare un ambiente allegro. Anche con le donne aveva un ottimo successo, forse anche troppo, a volte tendeva a infilare la manina dove non avrebbe dovuto, ma di questo preferirei non parlare. Se si vuole trovargli un difetto, forse era un po' guascone, non lasciava spazio agli altri e li sommergeva con la propria esuberanza. Più volte ha anche avuto dei problemi per la sua incapacità a gestire i soldi: ne ha sempre avuti molti ma non è mai riuscito a usarli bene, ritrovandosi spesso pieno di debiti e di creditori. Non ho mai capito in quale modo riuscisse ad avere tutti quei soldi per le mani, gliel'ho chiesto, ma non mi ha mai convinto con le sue spiegazioni."
N. C., un conoscente.
"Una strana persona, davvero una strana persona. La classica conoscenza da bar, sarà due anni che ci frequentiamo, ci si vede ogni tanto qui da Gino, io ci vengo spesso, e facciamo due chiacchiere: il Toro, i cantieri, il computer, due risate e nulla più, però mi ha sempre incuriosito quell'uomo. Inappuntabile, elegante e sorridente, ma con un'aria tirata e sospettosa, come di cane braccato, e controllato nelle emozioni, come se fosse perennemente sotto esame. Era una persona amabile per due parole al bar, ma credo che fosse anche una persona pericolosa, subdola, da temere."
Il racconto è stato scritto per il concorso "Gioco di metà maggio", organizzato dal sito www.ilraccontoritrovato.it, ed è stato ritenuto degno di essere pubblicato.
Sul sito del Racconto ritrovato è stato intitolato Dicono di lui.
Il concorso consisteva nello scrivere un racconto continuando il primo paragrafo iniziale, che era imposto.
Pubblicato l'11 giugno 2006.